Mare d’artista

Illustrazione di Alberto Fiocco

Piero Manzoni ad Albisola.

La prima testimonianza del legame intercorso tra Piero Manzoni e Albisola – piccolo centro della provincia di Savona diviso tra Albisola Superiore e Albissola Marina – è una cartolina promozionale del Ristorante Albergo Pescetto situato in posizione non troppo distante, stando alle piantine a disposizione, dal Lungomare della città. La fotografia all’interno della cartolina ritrae del tutto casualmente, in primo piano, la famiglia Manzoni seduta al proprio tavolo all’interno del ristorante: Piero, piccolissimo in questa foto risalente a un anno imprecisato dei 40s, guarda in camera e già gli si riconoscono, netti, i lineamenti a cui le poche immagini del futuro, divise soprattutto tra il suo Studio di via Fiori Chiari e il bar Jamaica, ci hanno abituati.

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“Piero Manzoni e Albisola” di Francesca Pola, Quaderni dell’Archivio Opera Piero Manzoni | 1

In un diario ora di proprietà di Giacomo Manzoni, fratello di Piero, nel 1954 l’artista scriveva a proposito di Albisola: “Lo scoglio è una villa di proprietà di mio zio (…) ha un bellissimo giardino che sale a picco sul mare con dei sentieri scavati nella roccia. La villa invece è giù, quasi sulla spiaggia, una scaletta d’una decina di gradini porta all’acqua. Me ne sono andato lungo la ferrovia con i miei zoccoli dalla striscia in tela bianca, coi blue jeans, colla camicia celeste americana, tranquillo e contento e pensoso”. Manzoni, oltre a frequentare sin dall’infanzia l’Albergo Pescetto, torna spesso ad Albisola ospite dai cugini. Qui impara a nuotare, dice, intorno ai 7 anni ama pescare in compagnia di suo padre Egisto.

Proprio ad Albisola, più grande, lavorerà alle sue prime opere figurative: risale al 1951 la sua Veduta di Savona e all’estate del ’53 (Senza titolo) Albisola Marina, un olio su tela figurativo e del tutto antinaturalistico.

Risale tuttavia al 1957 il primo significativo contributo programmatico e teorico del legame artistico che Piero Manzoni instaura con Albisola. Nei primi giorni del 1957 l’artista partecipa a una collettiva alla trattoria La Lalla, già sede di mostre d’avanguardia tra cui una dedicata alla Bauhaus. Nella mostra in questione viene anche presentato il Manifesto di Albisola Marina co-firmato da Manzoni, Mario Colucci, Guido Biasi, Ettore Sordini e Angelo Verga.

L’estate del 1957 è centrale nelle relazioni tra Manzoni e il mondo artistico che si trova in trasferta ad Albisola principalmente in quanto snodo nevralgico storico e fondamentale per quanto riguarda la lavorazione delle ceramiche. Lucio Fontana realizza le sue ceramiche ‘spaziali’ e Manzoni inizia a frequentare l’Internazionale Situazionista, legge in anteprima, in quanto aderente, “Rapporto sulla costruzione delle situazioni e sulle condizioni dell’organizzazione e dell’azione della tendenza situazionista internazionale” di Guy Debord, discute con Asger Jorn a proposito di manifesti artistici a cui aderire che rendano centrale la mutazione perpetua degli archetipi nel segno di una continua rivoluzione stilistica”.  Con l’Internazionale Situazionista, in quel momento, Manzoni condivide un certo interesse per la psicogeografia come modalità di “accertamento” e acquisizione del mondo. A partire da quest’inclinazione Manzoni sviluppa le Tavole di accertamento che raccoglierà dal 1958 al 1960 in cartelle e che prendono libero spunto dalle carte psicogeografiche situazioniste e dall’attestata frequentazione con Ralph Rumney.

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Nell’agosto del 1959, proprio ad Albisola, succede qualcosa di fondamentale nel percorso artistico ed espositivo di Piero Manzoni, è qui infatti che l’artista presenta per la prima volta le sue Linee, che entrano in scena nei rispettivi cilindri, com’era solito per questo repertorio, indicanti tutti i dettagli completi: autore, data manoscritta e non stampata come avverrà in seguito e lunghezza della linea. Lucio Fontana, proprio in quest’occasione, acquisterà la Linea m 9,48. In un’intervista rilasciata al Gazzettino Padano, l’8 febbraio 1963, in occasione della morte di Manzoni, lo stesso Fontana dichiarerà la sua assoluta affezione proprio alle Linee, secondo lui la più significativa tra tutte le creazioni manzoniane. La mostra di Manzoni del ’59 ad Albisola segue di poco una collettiva cittadina di Fontana e Rossello, anche la location è la stessa: Il pozzetto chiuso, una galleria ricavata da vecchi fondaci.

Resta difficilissimo riuscire a definire con semplici eventi e fatti singoli quanto Albisola fosse, in quegli anni, un ritrovo esclusivo di artisti d’avanguardia che arrivavano in Liguria da diverse parti d’Europa e del mondo. Nel 1959, ancora, Manzoni formalizza quest’affluenza straordinaria in un articolo per il giornale romano Il pensiero nazionale: “Una vecchia abitudine, che per tanti è ormai una tradizione, ha portato anche quest’estate, sulle orme dei futuristi, molti artisti di ogni parte del mondo ad Albisola. Artisti importanti come Lucio Fontana e Wifredo Lam. (…) Lucio Fontana è forse il più interessante artista italiano, in questi giorni sta lavorando a ceramiche e terrecotte, brillanti variazioni dei suoi ‘tagli’. Anche Lam lavora ai suoi personaggi che traggono origine dai totem selvaggi della sua terra e dalla lezione cubista”. Nel pezzo, Manzoni si scaglia anche in modo forte contro l’espressività informale portata ad Albisola da Jorn, mostrando interesse netto nei confronti delle riduzioni formali di linee e tagli e dell’antropologia acclusa, appunto, all’opera di Lam.

L’anno successivo, alla fine di luglio, Manzoni partecipa a una collettiva con altri artisti: Castellani, Maino, Pisani e Santini in trasferta da Milano; siamo ancora ad Albisola ma questa volta la location è cambiata e diventa quella del Circolo degli artisti. Manzoni espone qui le sculture pneumatiche come Corpo d’aria Uovo scultura che, fuori da complesse interpretazioni concettuali, secondo Manzoni “deve servire a nutrire quelli che sono digiuni d’arte”.

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Sempre nell’estate del 1960 prende forma, proprio sul Mar Ligure d’Albisola, la prima elaborazione del progetto Placentarium, il teatro pneumatico che Manzoni s’inventa come una bolla in plastica riempita d’aria compressa “nella quale si potranno svolgere balletti di gas” e che viene progettato per la proiezione dei Balletti di luce di Otto Piene, dove, appunto, la luce veniva proiettata sulle pareti dello spazio plastico con apparecchi speciali. In Manzoni comincia qui a farsi chiara l’idea della partecipazione attiva del visitatore: il passaggio da una fruizione passiva a una dimensione performativa attiva si fa dunque sempre più centrale per Manzoni che sposta il soggetto dell’arte dall’oggetto artistico alla struttura psichica dello stesso spettatore. L’idea è quella di strutturare una sorta di opera d’arte interattiva in formato test nella quale in modo quasi inconscio, in base alle proprie reazioni, il visitatore intraprenderà un percorso e non un altro, si ritroverà in una stanza completamente buia o con luci accecanti, in uno spazio da cui è difficile o meno uscire, immerso nei suoni più assordanti o nel più cosmico dei silenzi, a passeggiare sulla gomma o in una vera e propria stanza degli specchi, simile al celebre labirinto a specchi di un luna park.

Nell’estate del 1961, l’ultima di Manzoni ad Albisola, esce il volume Albisola, un omaggio della città agli artisti – come indicato nelle presentazioni – dove, tuttavia, di Piero Manzoni compare solo l’impronta distintiva di un pollice, una firma sul recapito di un fiorista della città; sempre durante l’agosto ’61, Manzoni presenta, proprio ad Albisola, per la prima volta al pubblico, quella che, per seri e faceti motivi, resta ancora oggi la sua opera più celebre, la Merda d’artista, presentata in formato “scatolette da 30 gr” all’interno di una collettiva alla galleria Pescetto intitolata In villeggiatura da Pescetto.

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In definitiva, il rapporto di Manzoni con Albisola fu sempre vivo e continuativo ma di certo complesso e conflittuale, a partire dal rifiuto della pratica ceramica fino alle critiche di una buona parte degli artisti che proprio nella città ligure trovarono il loro spazio deputato. Anche Piero Manzoni, però, proprio ad Albisola, in un modo solo apparentemente laterale rispetto a quello che gli offriva, durante i mesi invernali, Milano, trovò un proprio luogo centrale nello sviluppo di un percorso artistico che proprio da qui trovava spazi di presentazioni e di primi riscontri nell’esposizione di nuove idee, nuovi esperimenti e nuove opere d’arte.