Del capolavoro di Ermanno Olmi, forse il più bel documentario mai dedicato ad una città.
Un’ora per 1.500 inquadrature in totale, mantenendo una media di 23 al minuto. Milano ’83 è il documentario senza voci realizzato da Ermanno Olmi all’interno del progetto “Le capitali culturali d’Europa”, che incluse – oltre al ritratto di Milano – anche quello della Lisbona di Manoel de Oliveira, di Atene vista con gli occhi di Theo Angelopoulos e della Varsavia di Krzysztof Zanussi. Il soggetto di Olmi è la Milano a cavallo tra la fine del 1982 e l’inizio del 1983, vista nell’arco di due giornate ideali che comprimono la quotidianità della città e dei suoi abitanti osservati da mattina a sera.
In piena ascesa del mondo paninaro e della Milano da bere, Olmi disegna con rarissima precisione l’anatomia quotidiana della vita milanese partendo da una serata al Teatro La Scala, osservata dall’interno, cioè dagli occhi di uno speciale spettatore, e poi subito dall’esterno, dove chi lavora nel teatro sta attendendo la fine dello spettacolo. Un incipit che ci mostra immediatamente quella che sarà la tendenza narrativa del regista: offrire per ogni tema centrale di questo documentario non solo la prima prospettiva ma, altresì, quella più decentrata, discostata dall’immaginario, nascosta, ma non per questa ragione meno adatta a illustrare le tipicità più profonde della città.
Procedendo in questo modo Olmi affonda i propri occhi dentro il reticolato sociale di Milano raccontando il lavoro, la scuola e i momenti di svago in modo del tutto anticonvenzionale, scegliendo di soffermarsi su dettagli precisi e sulle azioni, che diremmo meccaniche, della ritualità quotidiana. In questo modo osserviamo i vagoni dei treni del mattino con i pendolari di ogni età che guardano fuori dai finestrini, vediamo le mamme e i papà svestire i figli e prepararli con la divisa per l’asilo, vediamo gli anziani camminare verso la spesa la mattina presto e assisteremo all’allestimento di vetrine natalizie e alla Rinascente gremita il giorno della Vigilia.Ermanno Olmi disegna con rara precisione la quotidianità milanese.
La radiografia di Olmi, al di là dello scandagliare perfettamente lo scorrere delle ore, non ha però nulla di scientifico. Ciò che viene utilizzato è, piuttosto, una lente romantica ed emotiva. In questo risulta perfetta, agli occhi di chi guarda, la scelta di far parlare solo la città, di lasciare uno spazio minimo di parola solo ai cittadini che pronunciano il loro nome guardando in camera e di far sdraiare la pellicola su un commento sonoro, del tutto contemporaneo, felicemente capace di risultare insieme straniante e naturalmente connesso alle immagini. Ascolteremo Mike Oldfield e gli accenni new wave e synth pop accompagnare gli sguardi sperduti dei bambini che tolgono i passamontagna nello spogliatoio della scuola materna e ascolteremo “Vacanze romane” dei Matia Bazar mentre vedremo gli addetti alla pulizia notturna delle strade evitare un senzatetto accasciato a terra e, più avanti, i commessi del Burghy di piazza San Babila servire patatine durante la pausa pranzo. Nei suoni sentiremo voci radiofoniche decantare l’oroscopo di almeno tre segni zodiacali del giorno appena arrivato, leggerci annunci di case, annunci di lavoro, annunci sentimentali, mentre i chiromanti offrono le proprie prestazioni (anche per smettere di fumare!).
Vedremo piccioni, cani, cartelloni pubblicitari, la lezione di ballo in una scuola di danza, baci nei parchi, baci sui tram, ruspe in azione nei nuovi quartieri in costruzione.
Con Milano ’83 Olmi esplora un modo di osservare Milano, sua città d’adozione, già utilizzato per raccontare altre tra le sue storie; è facile riconoscere qua quello che già era stato il suo speciale sguardo ne Il posto, ne I fidanzati e ne La cotta. Scrivendo a proposito di Ascolto il tuo cuore, città, il pastiche del 1979 scritto da Alberto Savinio (ateniese ma milanese acquisito), Giorgio Manganelli dice “chiacchiera, ma non sembra avere argomento fermo nella mente, discorre, trascorre, ciancia, allude, gli viene in mente che, si dimentica, cita, ricorda, inventa, affabula, sussurra, bofonchia, talora flauteggia, talora dà sull’arrochito, eccolo che borbotta ma mai lo udirete alzare la voce, ammonire, accusare, vilipendere”. Mai e poi mai in Milano ’83 esiste l’espressione di un giudizio e se un ingresso manzoniano di Olmi si ha, in questa pellicola, questo arriva leggero, ironico, già postmoderno attraverso l’audio che al cuore della città si sovrappone.
Le dirigenze socialiste osteggiarono e non amarono mai questo film, ritenendolo – verrebbe da pensare – troppo poco allineato alla volontà di raccontare le esplosioni del secondo boom e della rinascita degli anni 80.
Dopo anni di difficile reperibilità, oggi Milano ’83 si può godere in ogni casa, attraverso YouTube dove periodicamente viene ricaricato integralmente, con buona pace per i poco poetici socialisti da bere.