«Comincerò con una considerazione piuttosto imbarazzante: nessuno in tutta la mia vita mi ha dato più piacere di Bowie», in molti si ritroveranno appieno nella confessione del filosofo-bowieofilo autore della recente pubblicazione di Il Mulino
Ho trascorso con David Bowie la mia intera vita da quando, tredicenne, infilai una piccola musicassetta di mio padre in un vecchio stereo bianco. Non avevo idea di cosa ci fosse dentro, c’era scritto “David Bowie – Ziggy” sul lato A e io ascoltai – per molti mesi non girai mai il lato. Non esisteva internet e io non sapevo nulla di musica, di vita, di niente. Quella cassettina registrata da un vinile all’inizio degli anni settanta mi immobilizzò disegnando e cambiando la mia esistenza per sempre. Quando in una delle prime sere di gennaio 2016, in una libreria di Alte Schönhauser Strasse a Berlino, mi sono imbattutta per la prima volta nel volume di Simon Critchley Bowie e ho iniziato a leggerne le prime pagine seduta in un angolo cercando di immagazzinarne il più possibile, prima di pagare e uscire, non ho dunque faticato in alcun modo a credere alle parole con cui il filosofo-bowieofilo inglese, autore di saggi, tra gli altri, su Heidegger e Deridda, introduceva il suo legame con David Bowie nel primo capitolo intitolato “Esperienza sessuale”: «Comincerò con una considerazione piuttosto imbarazzante: nessuno in tutta la mia vita mi ha dato più piacere di David Bowie. Può darsi, naturalmente, che questo la dica lunga sulla qualità nella mia vita. Non fraintendetemi: ho avuto dei bei momenti, qualcuno addirittura insieme ad altre persone. Ma se parliamo di felicità continua e duratura nel corso dei decenni, nulla può competere con il piacere che mi ha dato Bowie».