Un documentario racconta la vita di una scrittrice che con la sua opera ha scritto alcune delle pagine più importanti della letteratura contemporanee
Per qualche ragione che non so identificare Griffin Dunne e io ci seguiamo reciprocamente su Instagram. Ovviamente non stupisce che io vada a mettere cuoricini alle sue fotografie che ritraggono live di Woody Allen che suona jazz né che io possa essere interessata alle sue storie hollywoodiane di librerie e cene egualmente raffinate, ai suoi statement anti-Trump, al suo personaggio nella serie I love you, Dick o al suo recente viaggio in Italia tra lo Stromboli e le colonne sonore di Paolo Conte. Stupisce un po’ di più, invece, che lui possa essere interessato ai miei dischi della domenica mattina o alle foto scattate a casa dei miei genitori.
Eppure questo è quello che i social generano: lampi di scambi altrimenti impossibili tra qualcuno che non è nessuno e un attore e regista newyorkese che ha lavorato con Martin Scorsese e diretto commedie romantiche ormai storiche. Per quanto mi riguarda, cioè per quanto riguarda il mio cuore, però, Griffin Dunne è soprattutto il nipote di Joan Didion, cioè il figlio di Dominick Dunne, fratello di John Gregory Dunne che nel 1964 sposò Didion da cui, per quarant’anni esatti, non si separò mai, fino al giorno della sua morte per infarto il 30 dicembre 2004.